La nascita di Nami
Mi sveglio un po’ stizzita, sono ancora incinta. Non ho oltrepassato il termine ma ho contrazioni prodromiche da diversi giorni. Ormai ho il sentimento di rimanere incinta per sempre. Decido di dedicare questa giornata alla mia famiglia, andiamo a fare un pic nic e poi passiamo in gelateria a prenderci un bel gelato. Marzio, mio marito, scatta una foto al pancione, ancora non so che sarà l’ultima foto che avrò di questa gravidanza.
Rincasiamo ormai a tardo pomeriggio, facciamo il bagnetto alle bimbe e io ne approfitto per immergere i piedi gonfi nell’acqua fredda. Li guardo. Mi fanno sorridere, sembrano i piedi di un’altra persona tanto sono diversi. Non mi mancheranno per niente. Accarezzo il mio pancione che sento indurirsi per poi rilassarsi nuovamente. Sono impaziente di conoscere la creatura che per 9 mesi ho portato dentro di me ma so che, al contrario della ritenzione idrica, il pancione alla fine mi mancherà.
Dopo cena, Marzio di occupa della messa a nanna delle bimbe mentre io mi sdraio sul divano con un libro. Qualche doloretto accompagna la mia lettura ma decido di non illudermi troppo.
L’occorrente per il parto è pronto da settimane. Ho preparato tutto minuziosamente; con amore ed emozione ho piegato e messo in una scatola delle mussole che accoglieranno la mia bambina appena nata, i suoi primi vestitini, una copertina e degli asciugamani. Ho comprato apposta per l’occasione delle candele per illuminare e rendere più accogliente la stanza del parto. Se prepararsi alla nascita è emozionante, prepararsi alla nascita in casa lo è ancora di più; il parto a domicilio lo si assapora mesi prima della sua venuta, lo si prepara, organizza, come si potrebbe fare con una festa. Ora manca solo la festeggiata.
Decido di preparare una torta nell’eventualità che sia veramente la volta buona. Se così fosse potremo mangiarla insieme alle ostetriche, altrimenti la mangeremo per colazione domani mattina. Man mano che aggiungo gli ingredienti al composto sento il mio utero che si contrae e si rilassa sempre più frequentemente. Decido di monitorare le contrazioni che si sono fatte più intense ma ancora non sono regolari. Quando l’impasto è pronto, inforno la torta e metto il timer. In attesa che la torta sia cotta faccio un bagno, nell’acqua, in pochissimo tempo, le contrazioni si fanno regolari e molto ravvicinate così Marzio telefona ad Anna per dirle che è arrivato il momento. Suona il timer. Chiedo a mio marito di togliere la torta dal forno. Va tutto molto veloce, ogni 2 minuti il silenzio viene interrotto dai miei vocalizzi. Marzio si rende conto che il tempo stringe, inizia a tirare fuori tutto l’occorrente e a preparare l’ambiente. Lo sento correre avanti e indietro. Esco dalla vasca, mi asciugo, indosso dei pantaloncini ed un top e scendo in salotto. Nonostante i dolori io mi sento bene, sono molto felice, il pensiero che a breve vedrò finalmente la mia bambina è dolcissimo.
Passeggio per casa, mi fermo ad ogni contrazione, oscillo, respiro, vocalizzo. Arriva Anna, mi abbraccia. Dopo poco arriva anche Nathaly, la seconda levatrice. La piscina per il parto è in un angolo del salotto e si sta riempiendo, le luci sono soffuse. Con noi c’è nostra figlia dodicenne che ha deciso di assistere alla nascita. Anche lei è emozionata. Le nostre ostetriche si mettono in disparte, in attesa. Apprezzo infinitamente questo modo di essere presenti con estrema discrezione. Siamo lasciati alla nostra intimità familiare. Decido di entrare nella piscina dove in breve tempo il mio corpo sente il bisogno di spingere. Ad ogni ondata abbraccio forte mio marito, lui è la mia ancora, mi infonde un profondo senso di solidità e sicurezza. Anna si avvicina con cautela alla piscina, osserva, sussurra parole di conforto. Anche Nathaly è presente ma ancora più discreta, seduta sul pavimento a qualche metro di distanza. Nelle pause lascio andare la testa sul bordo della piscina, riposo per riprendere le forze. Nessuno mi dice cosa devo fare, il mio corpo lo sa. Spingo forte ad ogni contrazione fino a che sento bruciare, allungo la mano e percepisco il sacco. Urlo, il dolore è insopportabile. Ho paura e lo verbalizzo. Ma tutti nella stanza credono in me, mi confortano e mi dicono che sto andando bene, riprendo coraggio e assecondo il mio corpo. Sento che la mia bambina mi sta aiutando, anche lei spinge per uscire. Alla contrazione successiva Anna rompe il sacco, allungo di nuovo la mano e questa volta sotto le dita sento la testa della mia bambina, é morbida e vellutata, la accarezzo con dolcezza, trovo anche le sue orecchie e capisco che ormai ci siamo, con un ultimo potente sforzo sento uscire tutto il suo corpicino. Ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta! La accolgo tra le mie braccia, la bacio e le faccio i complimenti perché anche lei si è impegnata per venire alla luce ed è stata bravissima.
Cerco con lo sguardo la mia coraggiosissima figlia più grande che ha assistito a tutto il parto, sul suo viso si legge tutta l’emozione che sta provando in quel momento, le dico “vieni, vieni a vedere la tua sorellina”.
Nel nostro salotto non si respira altro che profondo rispetto, gratitudine, sollievo e tanto amore. Ah, anche profumo di torta che alla fine, come ad ogni festa che si rispetti, abbiamo mangiato.
2022